Breve racconto della

lunga storia delle danze orientali contemporanee.

Foto di Sophie Fiorn

Foto di Manuel Favaro

Testo a cura di Sara Voltolina

Penso che quasi tutti e tutte abbiate visto almeno un video di quella che viene chiamata comunemente “danza del ventre” e magari siamo state anche corrette nella definizione in “danza orientale”.

Adesso interrogo: qualche parola che collegate alla danza orientale? “Velo” forse? “Lustrini?”,  “Donna”?, “Percussioni?”

La danza orientale ha un’origine storicamente antica e non del tutto determinata. 

La danza orientale viene fatta addirittura provenire dall’India, dalle donne delle carovane nomadi, secoli prima di esplodere nelle corti principesche del Medio e Vicino Oriente dove viene poi codificata in danza teatrale e danza folkloristica, e già cominciamo a parlare di più danze e decine di ritmi musicali stili coreografici. Lì i soldati di Napoleone la trovano durante la campagna d’Egitto e da lì attraversa l’oceano e se ne va in America, dove si mischia nel melting pot del nascente cabaret alimentato dalle migrazioni in atto. Ed è su questo incontro tra Oriente ed Occidente che noi come TribalKali ASD possiamo fermarci oggi e smettere di parlare della storia classica ed antica della danza orientale, dell’est, del ventre. Senza dimenticare mai che in queste poche frasi sono in realtà secoli e forse millenni di storia profondissima, e che i movimenti anatomici e l’estetica delle figure di base, spogliate di ogni stratificazione che possano avere accumulato, vengono da qui.

Il riferimento al ventre e all’ombelico è costante, qualcuno dice che siano stati proprio i soldati di Napoleone a coniare il termine, altre teorie lo fanno risalire alle prime apparizioni cinematografiche di danzatrici di danza orientale con il costume a pancia scoperta. Fatto sta che sono i movimenti di bacino quelli che da subito rimangono impressi, anche se anatomicamente i responsabili di tutto questo basculare che impressiona tanto, e su cui spesso viene ancora costruito un immaginario completamente fuorviante, sono tutta la serie degli addominali in primis, ed i muscoli di tutto il corpo, sostenuti dalla postura e dal grounding, l’appoggio a terra dei piedi. 

Le nostre amiche Libellule d'Oriente - Foto di Francesco Trivellato

Tra alterne vicende le nostre danze orientali proseguono il loro percorso durante il secolo scorso, si diffondono come corsi di danza all’incrocio tra pratica sportiva, artistica ed anche di socialità, praticamente tutta al femminile.

Probabilmente proprio per questo, soprattutto in occidente ed in particolare in America, dove non sono nate, ma sono state ricevute ed elaborate da persone a loro volte spesso con una esperienza di migrazione familiare, verso gli anni ottanta si affaccia l’esigenza di recuperare la consapevolezza di questa danza, e rimetterla completamente nelle mani delle donne che la praticano, perché possano farne quello che loro vogliono e necessitano. La soluzione proposta da quella che, alla sua nascita, si chiamava Tribal Fusion, è duplice. Per primo, creare una pratica consapevole e sana, attraverso un importante lavoro preparatorio muscolare. Le figure di danza sono le stesse di base della danza orientale classica, ma  in tecnica i movimenti devono essere anatomicamente muscolari e tutelanti.

Primo: la base preparatoria viene con la tecnica  in mano, possiamo fare quello che vogliamo dell’estetica.

Secondo: la danza fusion è spesso “inspired”. Danza indiana, flamenco, balcanica, la stessa danza orientale “classica” danzata con la tecnica fusion, puo’ acquisire un intento comunicativo completamente nuovo, che non è dato dallo stile, dal costume, o non solo, ma dall’intenzione che mettiamo nell’estetica comunicativa del movimento. Si puo’ essere ed anche voler apparire molto arrabbiate e fare danza orientale, con la fusion bellydance. 

Terzo: il gruppo. La danzatrice solista è solo una delle possibilità, rispetto alla tipicità della solista orientale, ma il gruppo di donne che studiano, praticano e danzano insieme è una certezza, in pratica ed in coreografia. Tanto che si sviluppano format basati sulla coralità, con un linguaggio codificato condiviso. La prima nata sulla sponda atlantica, che alla nascita di chiamata ATS, American Tribal Style, ha la storia che io trovo la più affascinante in assoluto di quelle che si possano raccontare sulle danze orientali contemporanee. E’ un “esperanto” della danza, un linguaggio, costruito in carovana, prendendo elementi, figure e persino costumi, musiche e linguaggio tecnico, dalle danze orientali, mediterranee, indiane, russe, balcaniche, latino americane, africane e chi più ne ha più ne metta. Scopo di questo poderoso lavoro di studio e poi di codifica, è condividere un codice di danza a livello internazionale e permettere, giuro che l’ho visto ed è possibile, anche a danzatrici che stanno da un capo all’altro del mondo e non hanno mai studiato insieme, di danzare insieme, nel cerchio, utilizzando un linguaggio comune. Come vedete dagli anni ottanta del novecento in qua abbiamo impiegato più tempo che per i secoli precedenti, perché come avrete ormai capito, Festnical e TribalKali ASD si occupano principalmente di questo. 


Foto di Francesco Trivellato

Come tutte le cose di questo mondo, anche la danza orientale si evolve continuamente ma quello di queste discipline è in particolare un mondo in continua ebollizione. Abbiamo citato Tribal Fusion (ora Fusion Belly Dance) e ATS (or Fat Chance Belly Dance) per ora, ma chi inizia a frequentare TribalKali ASD, scopre altre discipline e format, già praticati all’interno dell’associazione e a studio dalle insegnanti, che in TribalKali studiano moltissimo. Ci sono BSBD (Black Sheep Belly Dance), altra danza corale con uno standard leggermente diverso, e ITS, che mixa molto la tecnica fusion con la coralità della danza.

La parola “tribal” infine, arrivata solo negli anni ‘80 in questo contesto, è recentemente sparita dal vocabolario ufficiale di queste danze. C’è stata una discussione importante, sollecitata da una danzatrice ed antropologa americana, rispetto all’uso del termine, molto poco rimbalzata e compresa di qua dell’oceano, perchè ha che fare con l’uso del termine nelle comunità americane ed al razzismo come viene vissuto in quella parte di mondo, ed anche alla storia di queste danze, nate da alcune pioniere allora tutte di comunità bianca, ed ora praticate da donne, ed anche da uomini di ogni tipo. In Europa siamo stati po’ spiazzati le nostre realtà di danza da questo cambiamento di definizioni, apparentemente per noi senza senso, ma, a mio parere, la profondità della discussione e l’apertura a mettere in gioco anche le parole legate al proprio lavoro per essere più inclusivi, fanno apprezzare ancora di più la vivacità di questo particolare settore della danza contemporanea, che si conferma ancora una volta essere alla portata di tutte e di tutti.

I corsi di Vicky sono disponibili anche on-line sia in diretta streaming che registrati e usufruibili in qualsiasi momento. 


Foto di Sophie Fiorin